La legge approvata nel luglio del 2000 stabilisce che: “ La repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria” al fine di ricordare: la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia e la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
Quest’anno il nostro istituto ha deciso di celebrare il Giorno della Memoria con spirito attivo di grande rispetto.
“Siamo qui non solo perché c’è una legge che ce lo impone, ma perché siamo consapevoli che non basta ricordare per non ripetere gli errori del passato. Crediamo sia necessario capire perché questi fatti siano accaduti e perché altri simili stanno ancora accadendo. Pensiamo che in questo la scuola possa esserci d’aiuto. Ecco perché tutti insieme, in questo momento, noi studenti del Liceo Majorana vogliamo ricordare e impegnarci per continuare a capire.”
Con queste parole diversi studenti del nostro liceo, i giorni del 26 e 27 gennaio, si sono presentati in tutte le classi dell’istituto dopo il rientro dal primo intervallo. Accolti da un rispettoso silenzio, hanno letto un testo che spiegava l’origine della celebrazione del “Giorno della memoria” e poi brevi stralci tratti dalle opere di Primo Levi. Il tutto è durato pochi minuti, ma sono stati minuti intensi che hanno regalato un importante spunto di riflessione su cui ognuno di noi dovrebbe soffermarsi: che ruolo deve avere l’istruzione e la scuola a più di settant’anni dall’accadimento di spettacoli così macabri?
La risposta è semplice: la scuola ci deve far capire perché orrori del genere sono capitati, per evitare che si ripetano ancora. Primo Levi aveva drammaticamente torto quando nel saggio “I sommersi e i salvati” del 1986 affermava:
L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni (…). Per noi, parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perché inaspettato, non previsto da nessuno. È avvenuto contro ogni previsione; è avvenuto in Europa; incredibilmente, è avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler è stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.
Purtroppo oggi migrazioni e crisi economiche stanno riportando pericolosamente in auge ideologie razziste e violente, per questo è più che mai necessario ricordare e riflettere su quanto è accaduto.
Testi letti da Primo Levi. “Se questo è un uomo”
1 – Con la assurda precisione a cui avremmo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero l’appello. Alla fine, – Wieviel Stück? – domandò il maresciallo; e il caporale salutò di scatto, e rispose che i «pezzi» erano seicentocinquanta, e che tutto era in ordine; allora ci caricarono sui torpedoni e ci portarono alla stazione di Carpi. Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel corpo né nell’anima. Soltanto uno stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera?
2 – I vagoni erano dodici, e noi seicentocinquanta; nel mio vagone eravamo quarantacinque soltanto, ma era un vagone piccolo. Ecco dunque, sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi, una delle famose tradotte tedesche, quelle che non ritornano, quelle di cui, fremendo e sempre un poco increduli, avevamo così spesso sentito narrare. Proprio così, punto per punto: vagoni merci, chiusi dall’esterno, e dentro uomini donne bambini, compressi senza pietà, come merce di dozzina, in viaggio verso il nulla, in viaggio all’ingiù, verso il fondo. Questa volta dentro siamo noi.
3 – Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Santoni Alessandro