“E così ti sei fidanzato con Gaia, eh?” disse una voce.
“E tu come fai a saperlo?” chiese Andrea infastidito.
“Non ha importanza. Ma dimmi, ora per cosa combatti?”
“Non sono cose che ti riguardano.” rispose Andrea.
“Non hai più una direzione, Andrea. Stai brancolando nel buio, vaghi bendato nella tana del lupo.” disse Marco venendogli incontro.
“Sembra proprio che dovrò far fuori tutto il Trio Nero prima di vedere Davide.” osservò Andrea.
“Le emozioni non ti sono più d’aiuto. Ora sei tranquillo, non rincorri più la tua Michela. Ti senti protetto ma, dammi retta, non lo sei affatto. Soprattutto con me.” continuò Marco alzando una robusta asta in legno.
“Ti sbagli.” disse Andrea, “Avreste dovuto accettarmi nel Trio. Sarebbe stato un Quartetto, è vero, ma saremmo stati molto più forti insieme. Ma non l’avete fatto.”
“Non eri all’altezza.” spiegò Marco, “Ma perché discutere? Tu hai fermato la mia cara sorellina, Elena, e pagherai per questo!”
Marco tentò di colpire da lontano il petto di Andrea, ma quest’ultimo colpì l’asta con la mazza da baseball, spostandola verso terra. Allora Andrea colpì ripetutamente l’asta cercando di toglierla dalle mani di Marco, il quale tentava di evitare i colpi senza successo. Improvvisamente Marco alzò l’asta e colpì lateralmente il fianco destro di Andrea, facendolo cadere a terra.
“Lo sapevo, non sarai mai allo stesso livello del Trio Nero.” gracchiò Marco alzando l’asta.
“Pienamente d’accordo.” disse Andrea, “Non mi abbasserò al vostro livello, né ora né mai!”
Andrea si alzò di scatto e spinse con tutto il corpo Marco contro la parete, facendogli perdere i sensi. Il ragazzo mascherato rotolò per le scale senza fermarsi.
“Ammirevole, Andrea. Sei riuscito a far fuori sia Ottavio che Marco.” disse Antonio in lontananza.
“Dovrò sconfiggere anche te?” gridò Andrea salendo le scale.
“Ci sono fatti che avvengono per caso, solo perché dovevano accadere. Il nostro duello è uno di questi.” disse Antonio.
“Dobbiamo combattere o fare una lezione di filosofia?” sospirò Andrea.
“Prima di lottare dovrai farti una chiacchierata con me, che ti piaccia o no. È destino.”
“Va bene, di cosa vuoi parlare?” sbuffò Andrea.
“Uno di noi due darà la vita per prevalere sull’altro. Cosa vuoi dirmi prima di morire o di uccidermi?” chiese Antonio.
“Ho conosciuto una ragazza. Si chiamava Michela. Era molto bella, una ragazza fantastica, ed ero il suo fidanzato. Un giorno, però, Primo mi disse che questa ragazza voleva un fidanzato in una crew, allora ho tentato di far parte del Trio Nero per continuare ad avere il suo amore. Ma voi mi avete rifiutato e lei mi ha lasciato.”
“Non puoi farmene una colpa.” disse Antonio, “Non ti amava per quello che eri.”
“Ma ora ho trovato una ragazza che mi apprezza per come sono davvero, e non le importa se sono debole o altro. E lotterò per lei.”
“Benessere non paga chi lo dona.” sospirò Antonio, “Purtroppo non saprò mai cosa vuol dire essere amati, nonostante il bene da me compiuto.”
“Uccidere dei poliziotti è un bene?” urlò Andrea rabbioso.
“Quello è successo dopo. Prima del Trio Nero ho cercato di aiutare il più possibile il prossimo, ma ero sempre emarginato, escluso. Non so perché. Un giorno Davide mi promise che, una volta conquistato il Piemonte, mi avrebbe fatto conoscere una ragazza molto simile a me, assicurandomi che ci saremmo trovati molto bene insieme. All’inizio ero entusiasta, ma stavo raggiungendo un obiettivo nel modo sbagliato. Avevo tradito i miei amici, avevo fatto del male al prossimo e avevo privato a molti ragazzi l’amore dei propri genitori. E mi pento delle mie azioni.”
Andrea continuò a camminare finché non vide Antonio seduto sulle scale con la testa china sul petto. Aveva un pugnale conficcato nel collo e le mani che tenevano l’impugnatura. Andrea rimase qualche secondo in silenzio, sorpreso e allo stesso tempo triste per la morte di Antonio.
Proseguì la scalata finché non vide l’ascensore che l’avrebbe portato da Davide.
“È il momento di dare a questa città ciò che merita.” disse Andrea stringendo i pugni.
Andrea entrò nell’ascensore e vide una figura avvicinarsi a lui.
“Sono in ritardo?” chiese l’uomo.
Valerio Giunta