Il 15 settembre è uscito il nuovo, attesissimo album di Caparezza, Prisoner 709.
Nella prima settimana il disco ha raggiunto la vetta della classifica, anche grazie ai numerosi firmacopie organizzati in tutta Italia.
Tutto il disco è incentrato sulla prigionia e sulla crisi d’identità dell’artista che non riesce più a staccarsi dall’immagine che gli è stata attribuita e ormai non si sente più “Michele”, ma solo Caparezza. Lo stesso titolo del disco parla di questo dissidio interiore: infatti, “Prisoner 709” vuol dire prigioniero del 7 (le lettere che compongono la parola Michele e gli album pubblicati come Caparezza) o (rappresentato dallo 0) del 9 (le lettere di Caparezza e gli album pubblicati in tutto, compresi i due incisi prima di inventare il suo nome d’arte).
Delle 16 tracce alcune parlano del “non riconoscersi più”, ad esempio “Prosopagnosia” o “La Caduta di Atlante”, altre al contrario parlano del voler continuare a scrivere testi e musica sempre con maggiore entusiasmo come ne “Il testo che avrei voluto scrivere” o “Ti fa stare bene”, quindi, come Caparezza stesso afferma, sembra scritto da un pazzo o da due persone diverse.
Quello che potremmo definire come il lato ironico (che è sempre presente nei suoi album) qui è il secondo significato della prigionia, infatti da ormai due anni l’artista è colpito da un fortissimo acufene di cui appunto si sente “prigioniero”.
Come sempre il disco ha dei testi di difficile interpretazione cantati su basi musicalmente molto interessanti, anche se si consiglia a chi volesse avvicinarsi a questo artista di iniziare con gli album meno recenti in quanto quest’ultimo è possibile apprezzarlo a pieno solo essendo già abituati allo stile di Caparezza.
Roberta Ferioli