Come realtà e illusione, in sogno, sembrano mescolarsi e divenir per l’occhio una nuova, eterea dimensione; così quello spazio costellato da mille colori mi appariva. Apro lentamente gli occhi, riparandoli dalla luce con la mano.
L’erba cresce rigogliosa ai miei piedi, e il fiume scorre tra piccole pietre che paiono quasi disposte dalla mano di un saggio ingegnere. Gli alberi sono in frutto, in questa eterna primavera, e i loro fiori si aprono verso il cielo, a miracol mostrare.
Taci, mi dico. Taci, e abbandona tutto. Lasciati alle spalle la quotidianità, e ascolta la natura intorno a te. Ti sta parlando.
“Vieni sempre più di rado.” osserva camminando verso di me. Ha un passo lento, ma deciso. Come l’ultima volta.
“Sai, sono sempre pieno di impegni…” mi scuso, “Il lavoro procede bene, ma bisogna che qualcuno ci stia dietro. Mi capisci, no?”
“Certo.” annuisce, ma il suo volto non sembra essere molto entusiasta. No, non lo è. Non lo è affatto.
“Però voglio dedicarti questo giorno.”
“Ammirevole.” dice con ironia, “Un tempo volevi passare tutto il tuo tempo con me.”
“Ascolta, mi dispiace.” sospiro, “Cercherò di passare più spesso a trovarti.”
La ragazza si siede delicatamente su un tronco caduto, mentre io preferisco la panchina di fronte. Una farfalla si posa alla sua sinistra, leggiadra.
“Qual buon vento ti porta qui, Adam?”
“Il vento dello stress. La città mi sta uccidendo.”
“È stata una tua scelta quella di vivere lì.”
“Una scelta necessaria.” dico incrociando le braccia al petto, “Senza lavoro non si va da nessuna parte.”
“E poi torni sempre da me.” dice alzando gli occhi al cielo terso, “A cercar conforto.”
“Mi fai stare bene.” dico mandando indietro la testa e distendendo le gambe, “E questo luogo bucolico è davvero fantastico. Riesce sempre a ricaricarmi le pile, anche quando sono stremato dalla quotidianità.”
“È un parco.”
“È uno spazio verde concesso alla natura.” spiego, “È necessario per ridurre lo smog. Ci serve la natura.”
“Tu vuoi litigare, oggi.” dice imbronciata. La farfalla vola via, come se volesse scappare.
“Perché?”
“Come se la natura dovesse chiedere il permesso per avere uno spazio nel mondo! L’uomo crede di essere nato per soggiogare il mondo, piegare la biodiversità a suo uso e consumo. Lo credi anche tu, non è così?”
“Come dovrebbe essere, altrimenti?” chiedo nascondendo un sorriso, “Lo dice anche la Bibbia.”
“La Bibbia, certo. La Bibbia è stata tradotta e scritta dagli uomini. Solo un essere che si crede ad immagine e somiglianza del Dio può aspirare alla conquista del mondo.” risponde infastidita, “La natura reclama il suo posto. Guarda per terra, nelle strade della tua bella città. Tra le crepe cosa cresce? Erba. Il mondo non appartiene all’uomo, ricorda. È l’uomo che appartiene al mondo.”
“Beh, il tuo punto di vista è interessante.”
“Non è la prima volta che te lo dico, Adam. Forse te lo
dimentichi un po’ troppo spesso.”
“La vita corre, Arcadia. E, se non voglio restare indietro, devo correre anche io.”
“È una tua scelta.”
“Già, è tutto nato dalla mia scelta.”
“Qui ti trovavi bene. Ti ricordi quando avevamo quella vecchia casetta? Al tempo il parco era enorme.” dice indicando i resti di quella casetta in legno, ormai ricoperti da foglie secche e fango.
“Già, era proprio…”
“L’Età dell’oro.” diciamo insieme. Ci guardiamo. Sorride. Sorrido anche io.
Il vento accarezza le foglie degli alberi, propagando un odore fresco e piacevole nell’aria. Quanto mi è caro questo profumo…
“Sempre a guardar lontano.” dico, lasciando fluire i miei pensieri, “A guardar il cielo, e a temere la terra sotto ai nostri piedi. Alla ricerca del luogo ideale, quando questo è sempre stato qui. Matematica, fisica e metafisica ci elevano a livelli astratti, ma è davvero quello che ci serve per essere felici? Forse…”
Mi fermo un attimo. Mi guarda, ed è felice. È proprio bella quando sorride. “… Forse ho sbagliato.”
“Hai fatto una scelta, e questa ha portato le sue conseguenze.” dice scuotendo il capo, “Buone e positive. Il suo effetto farfalla. Ma…”
Sento squillare il cellulare. Prendo il mio iPhone. Rispondo. È lei.
“Pronto? Sì, dopo sono da te. Certo, hai la mia parola. Abbiamo molto da fare, già. A dopo, Eve.”
Chiudo la chiamata. “Ti prego di scusarmi.”
“Ti sei reso incorreggibile.” sospira alzando gli occhi al cielo,
“Apriti al mondo, accetta il cambiamento. Senza tutto questo non saresti che materia vuota.”
“Oggi sei molto filosofica.”
“Voglio farti pensare.” spiega, “Voglio ispirarti, colpirti, impressionarti. E farti capire che, senza di me…”
“… Non sarei qui.” sospiro, “Già, hai fatto davvero molto per me.”
“Non ho mai smesso.” ribatte, “Ma forse non te ne accorgi più. Lei è forse diventata più importante di me?”
“È la mia partner.”
“È così che chiami tua moglie?”
“Senti, non sono venuto qui per essere sgridato da te.” la rimprovero, “Sono qui per riprendermi.”
Lei resta in silenzio, poi accarezza il tronco sulla quale è seduta. “Era proprio un bel melo, un tempo.”
“Ci sono tanti alberi, qua.”
“Sì, ma questo era speciale. Ricordi?”
“Quanti bei ricordi del passato.” sospiro con malinconia.
“E di oggi, invece, che mi racconti?”
“Nulla.” scuoto il capo.
“Come nulla?”
“Nulla. Lavoro e basta. Non ho niente da raccontare.”
“Sempre tutto uguale?”
“Già. Tra l’altro, ora devo tornare. Eve ha bisogno di me.”
“Va bene, ma promettimi che tornerai presto.”
“Contaci.”
“Prima di un anno.”
“Vedrò…”
Mi alzo. La saluto con un cenno del capo. Mi giro ed esco dal parco.
Dal tutto al vuoto, dai colori al grigio. I palazzi mi inghiottono. Tossisco, poi prendo il cellulare. Devo richiamarla.
“Eve, niente da fare. Non possiamo distruggere questo parco per farci un quartiere residenziale. Ampliamo la città ad est, piuttosto. C’è una foresta, ci ricaveremo del legname.”
Chiudo la chiamata. Non aspetto neanche la sua risposta. Mi metto le cuffie e cammino. Immerso nella mia città. Immerso nel grigio.
Sarebbe bello che tutto fosse a colori. Ma non è possibile. Abbiamo scelto di essere il centro del mondo, di far ruotare tutto intorno a noi. Per vivere così bisogna fare dei sacrifici, e quelli da sacrificare non siamo di certo noi. Tornare indietro, ormai, è impensabile.
Non è forse meglio così?

Valerio Giunta

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