Sono una delle band di maggior rilievo del palco della musica emergente torinese e nazionale. Loro sono gli “Eugenio in via di gioia”, e nelle righe di questa breve intervista, si sono raccontati parlando dei loro processi creativi e dei loro sogni.
- Cominciamo subito con una piccola presentazione: Chi siete? Che fate? Come mai vi chiamate così?
P: Ciao io sono Paolo di Gioia e lui è Eugenio Cesaro e facciamo parte, assieme ad altri 2 ragazzi, di una band: gli Eugenio in Via di Gioia. Il nome della band deriva dai nostri nomi, infatti Eugenio è il cantante, Manuele Via è il pianista ed io sono Paolo di Gioia il batterista. C’è anche un quarto componente, il bassista, che è diventato il nome del nostro primo album Lorenzo Federici. Essendo arrivato dopo, l’abbiamo introdotto attraverso un disco. Suoniamo da 5 anni, siamo nati per strada ed adesso suoniamo sui palchi. È stata molto bella la trasformazione, pur mantenendo lo stile busker che è dentro di noi, non nella musica ma come spirito.
- Se dovreste descrivere la vostra musica con solo tre parole che parole utilizzereste?
E: Le tre: sole cuore amore…. No, le tre parole secondo me potrebbero essere: innanzitutto gioia, autoironia e spudoratezza.
P: Per me sono: partecipazione, simpatia e riflessione.
- Come vi siete conosciuti?
P: Noi ci siamo conosciuti qua al Majorana su queste sedie. Esattamente 10 anni fa, forse anche di più. Avevamo un gruppo del Majorana e noi suonavamo insieme.
E: Ma, io e te come ci siamo conosciuti?
P: Non mi ricordo bene, sicuramente tramite amici in comune, comunque qui al Majorana.
E: Avevamo ‘sto gruppo al Majorana, faceva schifo, però eravamo tra i pochi gruppi musicali della scuola. Da lì non ci siamo più visti per un sacco di tempo, finita la scuola il gruppo si è sciolto. Qualche anno dopo ci siamo rincontrati per puro caso da queste parti ed io stavo per fare il mio primo concerto, e gli faccio “ti va di venire a suonare un po’ di percussioni?”, c’era anche un altro ragazzo Emanuele, e da lì poi è partito tutto. Tutto molto naturale
- Quindi 10 anni fa vi siete incontrati e va bene, ma fra 10 anni come vi vedete, sia come persone che come gruppo?
E: 10 fa noi non avremmo mai pensato di essere qui ora, né di fare i musicisti, quindi può darsi che voi tra 10 anni sarete intervistati da noi. Ma io mi vedo a musica a palla a fare gli stadi
P: Io nei teatri quelli grossi, oppure nei palazzetti
E: Fra 10 anni palazzetti musicalmente, va bene, invece lavorativamente parlando, stiamo facendo il nostro primo programma tv e abbiamo addirittura fatto un film in cui Paolo di Gioia fa il regista, Emanuele Via fa le colonne sonore.
P: Lorenzo Federici fa il runner, quello che deve correre e non fa niente.
E: Ed io faccio il mantenuto. Comunque sì, ci vediamo in ambito televisivo o cinematografico. Ci piacerebbe fare molte cose, comunicare con ancora più persone. Vedremo…
- Ora parliamo della vostra musica… come scrivete una canzone? Cosa vi ispira? Qual è il primo spunto dal quale partite per scrivere un pezzo?
E: Qualsiasi cosa… non lo so, sono più atteggiamenti ricorrenti. Inizi a guardare le persone, le studi nelle loro abitudini e nei loro paradossi.
All’inizio è stato più un entrare nel mondo degli adulti, le prime canzoni sono molto “stiamo crescendo, stiamo diventando grandi” e ci rendiamo conto di quanti paradossi, quante bugie gli adulti raccontano ai bambini, quante cose fanno credere che non sono vere. E da lì, proprio per prendere in giro il mondo degli adulti sono nate le prime canzoni. Prendere in giro proprio alcuni tratti dell’adolescenza che non se n’è mai andata negli adulti, alcuni tratti dell’infanzia: “Gli adulti si mettono le dita nel naso”, “Gli adulti che vanno al supermercato e cercano l’offerta a tutti i costi anche senza averne bisogno”. Gli adulti che fanno cose, senza rendersene conto, paradossali e raccontano ai bambini delle frottole sulla propria vita e su tutto il resto.
Poi da lì tante altre cose, dopo che tu inizi ad avere uno sguardo critico, curioso, il mondo è pieno di stimoli che potrebbero diventar canzoni. Poi è anche pieno di gente che dice una frase e mi dice “Dovresti scriverci un pezzo” ed è vero perché è pieno di cose su cui si potrebbero fare delle canzoni però ci sono alcuni pensieri che ritornano nella tua testa, ciclicamente, e a quel punto diventano una canzone. È pieno anche di idee che entrano in testa poi se ne vanno via e tu non hai avuto tempo di scriverle, e se ritornano significa che realmente valeva la pena farle diventare una canzone.
- Continuiamo a parlare sempre di canzoni… qual è la vostra canzone preferita che voi stessi avete scritto?
E: Io ce l’ho, facile… “Giovani Illuminati”, brano dell’ultimo album. Mi piace sia musicalmente, in modo particolare, che anche per un motivo di identificazione di gruppo, di noi come band. Mentre le altre canzoni potrebbero essere state scritte tranquillamente da qualcun altro, questa ha avuto un progetto creativo, un processo lavorativo lungo, faticoso e molto profondo da parte di tutto il gruppo. Per questo, secondo me, è la canzone che ci restituisce di più la nostra voglia di ricerca.
P: Io “Non Ancora”, un brano del vecchio disco. Sono molto legato e affezionato a questo brano, perché ha un testo che rimarrà sempre attuale, in qualsiasi epoca. E poi è bella, musicalmente mi piace molto suonarla quindi io dico “Non Ancora”.
- Molto bella la citazione della “coscienza di Zeno” all’interno di “Obiezione”, ed ora parliamo di libri. Cosa leggete? Cosa vi piace? Cosa non vi piace?
E: Allora quando avevamo la vostra età, credo di parlar anche a nome di Paolo, non abbiamo mai letto niente.
P: Forse “il piccolo principe”, “Piccoli brividi”, tutto ciò che era “piccolo”.
E: Invece io ho letto “La coscienza di Zeno”,” I malavoglia” e “Se questo è un uomo”, cioè tutti libri scolastici. Poi qualcuno di quei libri, come per esempio “la coscienza di Zeno” mi è piaciuto talmente tanto che finita la scuola me lo son riletto e mentre scrivevo “Obiezione” ho riletto proprio quel libro lì per essere ulteriormente ispirato.
- Ultima domanda, forse la più importante: “Qual è la differenza tra morale e coscienza?”
E: Eccola lì… Allora nella mia interpretazione della canzone, pensavo alla morale come qualcosa di imposto dagli altri, dalla società in cui viviamo, mentre alla coscienza come qualcosa di più intimo, di personale che non riguarda per forza i costumi e gli usi della cultura di cui facciamo parte. Quindi il grande dilemma è questo: “è più importante essere o apparire?”, “riesci davvero ad essere quello che la tua cultura ti impone o che tu stesso vorresti essere?”
Arrivi ad un certo punto in cui magari non ti fai neanche più la domanda, difficile da spiegare lo so, ma è un personale dilemma che combatto tutti i giorni perché vorrei essere in un certo modo, ma mi rendo conto che non lo sono e non basta volerlo per esserlo.
Quindi la grande differenza tra morale, che ci viene imposta, e coscienza è: quanto siamo disposti davvero a rincorrere dei modelli che ci hanno imposto e che riteniamo dei valori. Cioè nel quotidiano quanto siamo quello che vorremmo essere? È questo il dubbio sul quale si basa la canzone.
La coscienza è tua intima che la gente non sa, solo tu conosci, la morale è quella che invece tutti ti impongono e tu devi mostrare agli altri e purtroppo come dice la canzone, “se è l’opinione degli altri che conta, non serve la coerenza” basta che da fuori sembri questo. Ed è l’ennesima critica fatta al mondo degli adulti dal bambino che si fa sta domanda.
Alessandro Santoni