(Marco Piasentin, Christian Vasta – VecchioCuoreGialloBlu, Instagram Page)
Uno dei giocatori più forti arrivati in estate nel nostro campionato è Sasha Vujacic, due volta campione NBA con la maglia dei Lakers e alla terza esperienza in Serie A dopo Udine e Venezia. Lo sloveno si è raccontato in un’intervista a Marco Piasentin e Christian Vasta, della pagina Instagram vecchio_cuore_giallo_blu, in cui è partito dagli esordi della sua carriera per arrivare alla scelta della Fiat in questa stagione
- Cosa ricordi dei primi anni della tua carriera giocati a Udine?
Sono stati anni bellissimi. Con l’allenatore, Matteo Boniciolli, ho avuto la possibilità di allenarmi con la prima squadra e giocare per tutte le giovanili che Udine aveva ma ho aspettato troppo prima di poter giocare per la prima squadra. Sono stati però degli anni bellissimi. L’inizio di un percorso nella pallacanestro che continuo ancora oggi qui a Torino.
- Nel 2004 sei stato selezionato al Draft NBA. Quali sono state le tue emozioni?
È sempre stato il mio sogno. Non solo andare in NBA ma anche giocare e vincere con i Lakers. Sono stato al Madison Square Garden e sono emozioni che non si possono descrivere. Tanto lavoro, tanta fiducia da parte dei miei genitori e dalle persone vicino a me sono stati ripagati in quella notte di New York.
- Quando e da chi nasce il soprannome “The Machine”?
Allora, nasce dai nostri telecronisti a Los Angeles. I primi anni sono stati un po’ difficili ma, quando ho iniziato a giocare di più, essendo che tutti hanno un soprannome, anche a me ne hanno dato uno e hanno scelto “The Machine”.
- In gara-3 delle NBA FINALS 2008 hai segnato 20 punti. È stata la più grande partita della tua carriera?
Nono. La mia migliore partita deve ancora arrivare. È stata una partita molto particolare per tutti noi perché nessuno credeva che potessimo arrivare alle Finali. Avevamo una squadra fortissima ma dovemmo rinunciare ad Andrew Bynum e i Celtics sfruttarono questo nostro punto debole.
- Se ti dicessi “Kobe Bryant”, cosa mi diresti?
Un fratello maggiore. Una persona da cui ho imparato tanto. Ci siamo spinti ad ogni allenamento. Siamo entrambi teste dure, due che vogliono vincere e potete già immaginare come siano andati gli allenamenti: con tanti gomiti e colpi inaspettati per migliorare. La cosa particolare è che lui si fida di pochi e io sono stato uno di quelli
in cui lui ha visto il massimo impegno nella pallacanestro. Per me sarà sempre un grande fratello.
- Cosa ricordi del periodo passato ai New Jersey Nets?
Allora, si sapeva che il ciclo dei Lakers doveva finire perché stavamo dominando da troppo tempo e Phil Jackson non poteva più rimanere. Io non giocavo più tantissimo e volevo andare via. È arrivata l’offerta nei Nets che io ho accettato ed è stata una metà stagione bellissima.
- Il 9 marzo 2015 hai messo a segno 6 triple su 7 tentate, ti sentivi in fiducia tiro dopo tiro?
Sì, è stata una partita difficile. Quando non giochi tanto non sei in ritmo ma sono sempre stato un giocatore che quando entra in ritmo gioca meglio. Sono entrato in ritmo e spero che ricapiti una partita così anche con Torino.
- I due liberi in gara 7 del 2010 all’ultimo secondo ti hanno permesso di vincere il titolo e lo hai regalato ai Lakers. Quanta ansia avevi in lunetta e quanto pesava il pallone?
È stata una finale fatta di alti e bassi e non abbiamo giocato bene per le troppe emozioni incontrollate. Alla fine, la fiducia del coach e dei compagni, mi hanno permesso di andare in lunetta con meno pressione e ho fatto semplicemente quello che dovevo fare ed è stato tutto bellissimo.
- Nel 2011 hai giocato un anno in Europa con l’Efes Istanbul. Com’è stata quell’esperienza?
Un’esperienza interessante. Come vita personale ottima ma come basket non tanto bene. Dopo tanti anni in NBA sono andato in una squadra dove non ho ben capito se l’obiettivo fosse vincere o giocare ed essendo che a me non piace solo giocare ma mi piace vincere, ho fatto un po’ di fatica. Di Istanbul però posso dire solo cose belle. Ho tanti amici lì e ci torno volentieri .
- Kobe o Melo? Hai giocato con entrambi chi preferisci e perché?
È una domanda molto difficile. Con Kobe ho vinto e ho fatto delle cose straordinarie. Con Melo posso vincere ancora, è diventato un caro amico. Vediamo cosa succederà nei prossimi anni ma Kobe è Kobe.
Melo ha la mia stessa età più o meno e gli auguro di vincere questo anello il prima possibile e spero di vincerlo con lui.
11.I 5 giocatori più forti che hanno militato in NBA nel periodo in cui giocavi tu?
Kobe, Tim Duncan, Allen Iverson, Shaq e Lamar Odom. Ce ne sono stati tanti ma il numero 1 è sicuramente quello che dovevo marcare ogni allenamento.
- Adesso Torino. Cosa ti ha spinto a scegliere l’Auxilium?
Il progetto: una squadra che per 30 anni è stata assente dai grandi campionati ma che ha tanta voglia di fare bene e crescere. E poi il coach per cui ho una grande stima e grande rispetto.
- Hai firmato un contratto con un’NBA-excapeclause, speravi arrivasse una chiamata dalla NBA o meno?
È arrivata ma l’ho rifiutata. Nella vita ho sempre portato a termine quello che ho iniziato e quindi anche questa volta ho deciso di continuare con Torino fino a fine stagione visto il potenziale della squadra e spero di aver fatto la scelta giusta.
- Quali sono i tuoi obiettivi principali con la Fiat?
Cercare di dare tutto quello che possiamo dare ogni partita. Di far vedere che giochiamo con il cuore, che vogliamo dare a questa città tutto quello che il basket pur portare. Il mio obiettivo è quello di unire i tifosi di Toro e Juve e portarli a vedere un po’ di basket e far capire che assieme possiamo diventare veramente forti.
- Con chi hai legato maggiormente all’interno dello spogliatoio?
Un po’ con tutti. Ho un bel rapporto con tutti, sono tutti bravi ragazzi, che capiscono quali sono i propri ruoli. Già dal primo giorno però, Poeta si è comportato da vero capitano facendomi vedere come funziona la realtà gialloblu e tutti i giocatori che giocavano qui già l’anno scorso mi hanno accolto a braccia aperte.
- Come giudichi la partenza della FIAT? Ti aspettavi tutte queste vittorie?
Non voglio portare sfortuna ma direi che finora abbiamo quasi sempre sfruttato gli episodi per vincere le partite e stiamo giocando bene. Speriamo di continuare così. Per noi ogni partita non deve essere una battaglia ma una guerra perché quando vinci la guerra la gente inizia a sognare e si emoziona.
- Pensi di poter giocare anche l’anno prossimo a Torino?
Non so, non guardo mai così tanto avanti. Sono contento di essere a Torino adesso, sto imparando a conoscere questa città che è bellissima però non so cosa porterà la prossima stagione. Andiamo giorno dopo giorno con l’obiettivo di far sognare la gente.
- Qual è il tuo hobby quando non sei impegnato con il basket?
Mi piace trascorrere le giornate con i veri amici. Amo leggere tanto, vedere gli show televisivi e andare al cinema. Dico la verità: mi piace tantissimo anche andare a vedere la Juve e sto aspettando di avere l’occasione per andare a vedere il Toro.
- Sei già stato all’Allianz Stadium a vedere la Juve in più di un’occasione. Ti ha costretto Peppe o eri già tifoso?
Nono, non mi ha costretto. Da quando Alex (Del Piero ndr) mi ha regalato la maglia della finale dei mondiali del 2006, gli ho detto che sono con la Juve ed è per colpa sua che sono andato a vedere la Juve. Poi quando mi hanno invitato e sono andato con Peppe mi sono divertito tantissimo e cerco di andare il più spesso possibile
- Riuscirai a convincere Kobe a venire a vedere Torino?
Kobe verrà per le partite più in là però non voglio fare promesse.
- Da quanto hai finora visto, cosa pensi del pubblico gialloblu?
Li adoro. Sono sempre stato uno che prende tanto dal pubblico e qui a Torino si vede che aumentano sempre di più i tifosi ed è una sensazione straordinaria. Sono il nostro sesto uomo. ANDIAMO!
- Il consiglio più importante che tu possa dare ad un giocatore di 13/14 anni che inizia ad affacciarsi al basket?
Mai smettere di sognare. Mai lasciare che qualcuno distrugga i vostri sogni perché il lavoro duro poi viene ripagato.
- Chi ringrazi per la tua grandissima carriera?
I miei genitori. Hanno divorziato quando avevo 2 anni. Lui lo chiamo ‘papà’ ma è come un fratello maggiore per me che ha sempre creduto in me. E poi mia mamma, mia sorella, mio fratello e gli allenatori che mi hanno fatto crescere. Uno su tutti BosciaTanjevic, per “colpa” sua sono qui. E uno che mi ha fatto innamorare del basket non solo come sport ma anche come arte è Phil Jackson.
Marco Piasentin & Christian Vasta
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