Little Boy

Riassunto: O’Connor ha lasciato la Germania risolvendo il mistero degli uomini vestiti di nero. Eisenhower, che per la prima volta chiama Ike, gli dice che Kid è coinvolto nei progetti della bomba atomica. O’Connor tenta di fermare il lancio, ma arriva tardi.

Eisenhower camminava inorridito i un campo della Polonia.
-Questa generazione ha dato il peggio di sé. Uccisi per il fatto di esistere.

O’Connor era seduto nel suo salotto. Era la prima volta da due lunghissimi anni che non tornava a casa. Dalla Germania aveva portato la divisa da colonnello e la lettera di Rommel. Ora guardava una foto sul giornale. Era la foto dell’esplosione della bomba atomica in Giappone. Non riusciva a dire nemmeno una parola. Si chiedeva se ora che era tutto finito sarebbe riuscito a tornare al suo vecchio lavoro e rifarsi una vita, ora che il suo Paese aveva compiuto quel gesto. Si affacciò alla finestra. Il vento soffiava forte come sempre sulla costa pacifica. Oltre il suo giardino e qualche caseggiato intravedeva il mare. Lasciava scorrere il tempo. Nessuno lo avrebbe disturbato per diversi giorni. Aveva resistito per un anno sotto copertura in Germania e il suo riposo ere più che meritato.
-Tacoma è meravigliosa.
Gli alberi erano di un verde smeraldo lucente, i passeri cinguettavano tra le fronde e il vento faceva cantare ogni oggetto incontrasse. Nessuna  persona interrompeva quella magica melodia. Vide una macchina rossa muoversi davanti a casa sua. L’unica cosa che altrimenti escluderebbe l’umano da quel piccolo angolo di paradiso. Ma la magia finì quando l’auto si fermò di fronte al suo vialetto e ne scese una figura scura.
-Calma. Lentamente.
Prese la pistola e la caricò. Vennero dei colpi alla porta. Si nascose dietro a un muro pronto a far fuoco.
-Carry? Ci sei? Sono Kid!
Non era sicuro che fosse Kid. Aspettò.
-Dai aprimi, ho passato dei brutti momenti. Mi serve un amico.
O’Connor si sporse cautamente da una finestra e constatò che era davvero Kid. Aprì la porta.
-Allora eri in casa.
-Scusa, non venire vestito di nero. Mi inquieta.
-Credo di poterti capire. Marshall mi ha raccontato alcune cose.
-Come hai fatto a sapere dove abitavo?
-Sono un agente del Pentagono, cosa credi?
-In effetti l’unico che sembra seguire le regole sono io.
Kid vide la foto.
-Ah, proprio di questo.
-Kid, non c’è bisogno. So già quello che è successo.
-Ma io non sapevo quello che stava per succedere. Mi hanno detto che lo facevo per il bene del mondo.
-E’ così che gira il mondo, non è colpa tua.
-Ma io ho pilotato l’Enola Gay, Ho premuto il pulsante e provocato l’esplosione. Ho sganciato Little Boy.
-Senti, devo trovare il modo di spiegarlo.
-Ma non c’è proprio niente da spiegare, lo capisci.
-Invece sì che c’è. Credi che io sia stato per un anno in Germania senza imparare qualcosa?
Kid rimase muto.
-Allora, la Germania era controllata da un pazzo furioso. Aveva convinto tutti che era in grado di farli vivere bene. Quando alcuni si sono accorti che non era così hanno dovuto continuare fingendo. Anche Hitler fino all’ultimo non si era reso conto di cosa accadeva.
-Ma tu lo hai ucciso?
-No. Non ho idea della fine che ha fatto. Almeno ha avuto la correttezza di uscire di scena, anche se avrebbe dovuto salvare il suo Paese. Con ciò dico: hai fatto un errore perché eri controllato, ora devi continuare liberandoti e pensando con la tua testa.
-Mi sento meglio, ma ancora non so…
Alcuni minuti dopo bussarono alla porta.
-Salve signor O’Connor. Siamo Einstein e Fermi.
-E questi che vogliono?
-Carry, io li conosco. Lavoravano con me. Brave persone.
-Va bene. Apro. Buongiorno.
-Buongiorno a lei, signor O’Connor. Ma noi ci siamo già incontrati, si ricorda. Io dovevo parlare con il presidente.
-Sì, mi ricordo.
-Bene, lui è il mio amico Enrico Fermi. Possiamo accomodarci?
-Prego.
-Oh, Kid? Anche tu qui?
Kid rispose: -Certo, sono andato da un amico. Tutto normale. Voi piuttosto come avete fatto a trovarlo?
-Sappiamo manipolare gli atomi, trovare un indirizzo non è poi così difficile.
O’Connor decise di chiedere il motivo della visita prima che la discussione toccasse temi delicati.
-Sentite: perché siete qui?
-Molto semplice: vogliamo evitare la guerra.
-Che vai cianciando?
-Te lo dico io.
Fermi parlò per la prima volta e Einstein alzò gli occhi in aria per una storia ascoltata mille volte.
-Io sono fuggito da una dittatura nel mio Paese, sa? Avevo due fantastici amici con cui facevo gli esperimenti. Eravamo inseparabili. Erano Majorana e Amaldi. Ecco, il primo è scomparso e il secondo non posso più parlarci perché è tutto maledettamente segreto. Ma io da questo ho capito tutto: gli Stati Uniti vogliono usare la scienza per conquistare il mondo.
-Sicuro di non correre troppo.
-Certo, è comodo quando hai il potere degli dei dalla tua. Adesso faranno del mondo ciò che vogliono e noi dobbiamo fermarli.
O’Connor rimase spiazzato per il livello di logica dietro quel ragionamento.
-Professor Einstein, concorda con il suo amico?
-Vorrei dire di no, ma mentirei.
-Kid?
-Non hanno tutti i torti.
O’Connor si mise una mano sulla faccia senza sapere cosa dire. Anche a lui il ragionamento appariva logico. Sapeva che le condizioni dettate da un vincitore sono sempre pericolose. La guerra non sarebbe mai cominciata se la Germania non fosse stata umiliata dopo la precedente.
-Cosa volete fare?
-Rubare il frutto del nostro lavoro e consegnarlo all’altro vincitore della guerra: L’Urss. Così ogni nazione avrà modo di scegliere da che parte stare e i due faranno a gara per non farseli scappare. In pratica: ogni stato andrà dove sta meglio e tutti felici.
Einstein e Kid annuirono come a voler sottolineare che fosse la cosa migliore. O’Connor era sconvolto.
-Dovrei farvi arrestare tutti solo per questo discorso. Lo sapete, vero?
Cadde un generale silenzio di tomba.
-Ma non oggi. Fate i bagagli, andiamo al Pentagono. E vieni anche tu.
Prese la lettera.

Continua…

Giuliano Giunta

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