Un saluto, un abbraccio e, inevitabilmente, due caffè. Io e Gaia Vanzetti, 19enne, ex studentessa della 5C del nostro liceo scientifico ed ora studentessa presso il Dipartimento di Scienze Economico-Sociali e Matematico-Statistiche della Scuola di Economia e Commercio di Torino, prendiamo posto al bar di Gianni per l’intervista.
Lei: entusiasta, volto sorridente e occhi da sognatrice. Prendo il cellulare e avvio la registrazione. Sono curioso, non lo nascondo. Le sorrido.

  • Perché hai deciso di fare questa esperienza?

Tra il novembre e il dicembre 2016 la professoressa Bersia ha proposto alla classe un concorso di scrittura organizzato dalla Consulta Europea a cui potevano partecipare gli studenti del triennio. L’obiettivo era quello di scrivere un tema sull’immigrazione a livello europeo o su alcuni trattati, tra cui quelli di Roma che compiono 60 anni nel 2017.
Io e altri due studenti della scuola abbiamo partecipato al concorso, io scrivendo l’articolo sul tema Immigrazione. Ci è stato fornito del materiale con termini specifici e informazioni del tutto non basilari. Mi ricordo che è stato molto difficile scrivere questo tema perché ho dovuto fare molte ricerche e ho impiegato circa due settimane per scrivere un testo che fosse anche solo in piccola percentuale degno di un concorso di scrittura, però mi piace scrivere e così ho deciso di buttarmi in questa esperienza. Quando ho consegnato il tema, dopo le dovute correzioni, ho messo tutto nel dimenticatoio per tre mesi, quando Eleonora ha ricevuto un’email. La mia compagna mi ha chiamata mentre stavo andando a danza e mi ha detto che aveva vinto il viaggio a Bardonecchia mentre io avevo vinto quello a Bruxelles. Quando me l’ha detto sono esplosa dalla gioia, mi è venuto anche da piangere. Non me l’aspettavo. Per me è stato molto importante perché non avevo mai vinto niente del genere. Ci avevo messo molto impegno, ero molto contenta e lo era anche la professoressa.
Quindi, ho deciso di partecipare sia perché davanti ad una proposta di partecipazione ad un concorso che permetteva di mettersi in gioco non ho voluto tirarmi indietro, sia perché mi piace scrivere. Se vi piace scrivere fate questo concorso, è un buon esercizio.

  • Come si è svolta l’uscita didattica?

Io e la professoressa Bersia ci siamo incontrate a Porta Nuova e siamo andate all’aeroporto con la navetta. All’arrivo abbiamo visto il resto del gruppo, tra cui i professori e la Responsabile della Consulta Europea a livello regionale. La mia principale preoccupazione era quella di essere in un gruppo di secchioni con 10 in tutte le materie e con gli occhiali da Harry Potter; in realtà erano tutti abbastanza nella norma, avevamo fatto subito amicizia. Alcuni erano al quinto anno, altri avevano già passato la maturità.
Con l’aereo siamo andati a Bruxelles e abbiamo fatto una prima visita della città. Il secondo giorno, invece, abbiamo sperimentato Parlamentarium e proseguito la visita della capitale belga. Il terzo giorno siamo rientrati in Italia.

  • Cos’è Parlamentarium?

Parlamentarium è un gioco previsto nel programma di questo viaggio, anzi, ne era l’obiettivo. È stato organizzato dal Parlamento Europeo, e sono stata piacevolmente sorpresa dal fatto che avessero costruito un’area adibita a questa simulazione.
Parlamentarium è una simulazione in cui quattro diversi gruppi politici devono giungere ad un accordo riguardo due proposte di legge. Una di queste riguardava la sicurezza in Europa e nel mondo, ovvero l’idea di impiantare dei microchip all’interno delle persone per la salvaguardia della salute e per altri scopi, mentre l’altra riguardava il problema dell’acqua in Europa, ovvero la proposta di creare una serie di condotti in modo tale che l’acqua possa essere condivisa a livello europeo.
Siamo stati divisi in questi quattro gruppi e, in base al nostro gruppo scelto a caso, ci hanno dato una targhetta da applicare alla nostra maglia per segnalare a quale gruppo appartenevamo e un telefonino con cui potevamo ricevere delle mail come se fossimo dei veri parlamentari. Queste mail ci davano delle informazioni in più riguardo ai vari argomenti. Io ero nel gruppo più sfigato, quello che aveva solo il 15% delle votazioni, con l’obiettivo di cercare di far cambiare idea ad altri due gruppi politici per riuscire ad avere la maggioranza. Ogni gruppo era ulteriormente suddiviso in due: chi si occupava dell’acqua, chi si occupava del discorso Sicurezza e quindi dei microchip (io facevo parte di questo gruppo). Cercavamo di ottenere molte informazioni per farci una nostra idea e giungere ad un compromesso con gli altri gruppi politici che trattavano questo argomento.
È stato molto difficile perché ognuno ha le sue idee diverse da quelle degli altri e perché il gioco è già prestabilito: un gruppo politico deve approvare una legge perché è stato già scelto all’inizio del gioco, mentre era già stato stabilito che il mio gruppo dovesse essere contrario.

  • Qual è la tua opinione del gioco?

Il gioco è stato molto interessante, è un’esperienza nuova soprattutto per noi giovani che non riusciamo ad entrare in contatto con la politica per mancato interesse o per mancanza di proposte simili. Questo è stato un modo per incontrare il mondo della politica, un mondo molto difficile perché richiede un certo temperamento e bisogna essere dei buoni oratori per lavorare in questo campo.
Quello che, però, non mi è piaciuto è che il gioco fosse già prestabilito, infatti il gioco non si sarebbe concluso se le due proposte di legge non fossero state approvate, nonostante qualcuno fosse stato contrario. Non mi è piaciuto perché indipendentemente dalle nostre scelte il gioco doveva finire così, come per illuderci di poter davvero scegliere. Questa è stata la mia impressione, perlomeno.
È stato molto bello, ma c’è stata anche qualche incongruenza a livello di “democrazia”.

  • Ti è piaciuta questa esperienza?

Si, questa esperienza mi è piaciuta moltissimo perché mi ha permesso di fare delle nuove conoscenze e di entrare in contatto con altri giovani che hanno comunque una testa che pensa. So di parlare della mia stessa generazione, ma non è sempre facile trovare dei giovani che abbiano la voglia di cimentarsi in un gioco che necessiti dell’uso della ragione. Penso che ci sia bisogno di persone che cerchino di utilizzare di più le loro risorse. Ciò che mi è piaciuto di più è stato vedere persone della mia età che si mettono in gioco e cercano di parlare di cose fuori dall’ordinario. Questa esperienza permette di aprire la propria mente e di superare i propri limiti, ad esempio non avevo molte conoscenze in campo politico però questa esperienza mi ha aiutato molto. È stato impegnativo ma estremamente formativo, ed è stata anche un’occasione per conoscere persone con cui mi sono trovata subito bene.
Ho avuto anche la possibilità di visitare, seppur in parte, una città che non avevo mai visto prima, quindi ripeterei questa esperienza.

  • Ti senti più europeista o antieuropeista?

In base alla mia esperienza e il mio pensiero, mi sento europeista. Non me la sentirei di dire che tutti gli stati debbano essere indipendenti perché credo nel cosiddetto “melting pot”, quando le culture si mischiano e si uniscono.
Penso che sia giusto entrare in contatto con altre culture nonostante sia ora molto difficile: sono la prima ad avere paura del terrorismo e di fidarmi delle altre persone, e non nascondo che avevo un po’ di timore a Bruxelles. Infatti, la capitale belga è anche il fulcro della Comunità Europea, un posto a forte rischio terrorismo.
Credo comunque che non ci si debba abbandonare alla paura perché altrimenti si fa ciò che i terroristi vogliono, ovvero barricarsi in casa e vivere nel terrore. È importante che ognuno viva la propria vita con occasioni come questa perché non sono affatto comuni.
Quindi sono europeista e credo nella coalizzazione degli stati e delle varie culture, dalle quali si può sempre apprendere molto.

Valerio Giunta

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