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“Vi consegno le verifiche.” disse la professoressa di inglese alzandosi in piedi.
“Alla buon’ora.” bisbigliò Marco, “L’abbiamo fatta a metà novembre e oggi è il 23 dicembre.”
“Pensa al lato positivo.” disse Roberta sottovoce, “Almeno possiamo vedere quali errori abbiamo fatto.”
“Vi chiamo uno alla volta e venite a prendere la verifica.” disse, “Settimo, 10; Roberta e Camilla, 9; Alberto, 8 e mezzo; Marco, 8; Martino, 7 e mezzo; Flavio, 6; Fabrizio e Celeste, 3. Giovanni, essendo assente dal giorno della verifica, dovrà fare il recupero nel pentamestre.”
“Sei un bomber, Alby.” disse Marco dandogli una pacca sulla spalla.
“Io ho sbagliato il primo esercizio e tu il secondo, Roby.” disse Camilla sorridendo, “E anche quest’anno abbiamo la stessa media.”
Martino sorrise con aria enigmatica. Solo in quel momento notai che indossava un berretto nero con un pi greco bianco, e nella nostra scuola non si potevano tenere in testa cappelli durante le lezioni. Nessuno, però, si era mai accorto della sua piccola trasgressione. Dopotutto, pensai, era una regola ormai vecchia e di poco conto.
“Ma prof, io non ho sbagliato niente!” disse Fabrizio guardando la verifica.
“Perché abbiamo preso 3?” chiese Celeste indispettita.
“L’Ingegnere mi ha fornito i dati sull’utilizzo degli orologi durante il compito in classe.” disse la professoressa con aria severa, “Il vostro era in piena attività su un sito di traduzioni online, quindi vi ho abbassato i voti.”
“Ma non è giusto, prof.” borbottò Celeste.
“Dovevo farmi i bigliettini a casa.” sbuffò Fabrizio.
“Avresti fatto bene.” gli rispose Flavio sorridendo, “Ho preso 6 grazie ai bigliettini. Ricorda, la carta non ti tradisce mai.”
“Perché facciamo le verifiche sui fogli protocollo e indossiamo tutti degli orologi all’avanguardia?” chiesi a Camilla.
“Stavo pensando alla stessa cosa.” disse, “Abbiamo un’aula piena di computer e la possibilità di scrivere con l’orologio collegandolo ad una tastiera dell’Orologeria 2.0, perché continuiamo ad usare la carta?”
“È una delle tante contraddizioni della nostra scuola.” disse la professoressa scuotendo il capo, “Ci impegniamo tanto per essere all’avanguardia ed essere al passo con i tempi, ma in fondo siamo gli stessi di ieri.”

“Ciao, Martino.” dissi.
“Scusami, sono un po’ indaffarato.” mi rispose guardando l’orologio.
“Oggi è l’ultimo giorno di scuola.” dissi, “E non ci siamo mai parlati.”
Mi guardò negli occhi. “Sicuro?”
“Non ricordo di aver mai parlato con te.”
“È normale, hai perso la memoria.” disse, “Forse non ci siamo mai parlati prima. Chi può dirlo?”
Lo guardai con aria interrogativa. “Cosa dovevi fare?”
“Prima di tutto, non mi sono presentato.” disse Martino sorridendo, “Io sono codename_Pi.dat, ma puoi chiamarmi Pi.”
“Non ti chiami Martino?” chiesi.
“Io mi chiamo Pi, come la sedicesima lettera dell’alfabeto greco e il famoso ‘3,14’ di cui pochi conoscono l’origine. Ma non sono né una lettera né un numero.” rispose scuotendo il capo, “Sono gli altri che mi attribuiscono altri nomi. In ogni caso, io non sono Martino per me. Sono solo Pi.”
“Io sono Settimo.” dissi.
“Non ne sarei così sicuro.”
“Come?” chiesi confuso.
“Non vedo Settimo da qualche mese, ma ricordo com’era. Per me non sei lui.” disse, “Tu non lo conosci, perciò non puoi dire con certezza di essere Settimo.”
“Non hai tutti i torti.” ammisi, poi tentai di cambiare discorso, “Cosa dovevi fare in questo intervallo?”
“Dovevo indagare sulla scomparsa degli studenti. Ne hai già sentito parlare.”
“Sì.” risposi.
“Non era una domanda. Marzio mi ha informato.” disse pulendosi la felpa nera.
Mi ricordai della telefonata di Marzio, il giorno dell’intervista al ragazzo della 4B. Forse il direttore del giornale stava parlando proprio con Pi.
“Tu cos’hai scoperto?” chiesi.
“Questo.” disse cliccando un bottone dell’orologio. Improvvisamente scomparve dalla mia vista e riapparve dopo qualche secondo. “L’orologio può modificare la realtà intorno a noi.”
“Impressionante.” commentai sbalordito. Aveva usato l’orologio per diventare invisibile. Era fantascienza, pensai, forse stavo sognando.
“I nostri orologi sono molto più complessi di quanto gli studenti possano immaginare. Secondo me qualcuno li sta usando per uno scopo a noi oscuro.” disse incrociando le braccia al petto e alzando lo sguardo.
“Pensi che qualcuno stia rendendo invisibili gli studenti?”
“Non fermarti all’esempio che ti ho mostrato.” disse, “Io penso che qualcuno stia controllando gli orologi per manipolarli in ogni loro funzione. Dopotutto, è ciò che sto facendo anch’io: per scoprire la verità sulla sparizione degli studenti devo necessariamente vedere i dati contenuti nei loro dispositivi.”
“Sei una sorta di hacker.” dissi.
“Io sono Pi.” sorrise.
Rimasi senza parole. Egli chiuse gli occhi e iniziò a camminare. “Seguimi.”
Mi portò davanti allo stand dell’Orologeria 2.0. C’era molta confusione nei corridoi.
“Ascolta.” disse toccando un bottone dell’orologio. Non sentii più nulla, se non la voce di Pi. “Conosco tante altre funzioni. Una di queste mi ha permesso di arrivare in quinta con voti eccellenti.”
“Voti eccellenti?” dissi, “Oggi hai preso 7 e mezzo.”
“Martino ha preso 7 e mezzo.” rispose, “Io ho preso 10.”
“Non capisco.” ammisi abbassando lo sguardo.
“Martino, come lo chiamate voi, è la mia copertura. Grazie a lui posso fare quello che voglio senza essere visto.” spiegò, “Ho preso 10 perché ho scelto di prendere quel voto. Martino fa le verifiche in classe, io modifico il voto sul registro elettronico senza essere tracciato.”
“Non è corretto.” dissi scuotendo il capo.
“Studio come i pochi che si impegnano in questa scuola.” rispose, “Una volta passato l’esame di maturità frequenterò l’università, e non voglio andarci senza delle basi solide.”
Pi toccò nuovamente il bottone dell’orologio e tornai a sentire le voci dei ragazzi nel corridoio. “Torniamo in classe.” disse.
“Va bene.” dissi.
“Settimo, con chi stai parlando?” mi chiese Camilla passandomi accanto.
“Sto parlando con Martino.” dissi.
“Io non vedo nessuno.” disse Camilla perplessa.
Mi voltai. “È sparito.”
“Stai bene?” mi chiese Roberta.
“Penso di si.” dissi confuso, “Eppure stavo parlando con lui, ve lo assicuro.”
“È un tipo strano.” disse Camilla facendo spallucce, “Non ci pensare.”
Ero turbato da quell’incontro con Pi. Le sue parole mi avevano illuminato e confuso, affascinato e spaventato.
“Senti.” disse Roberta, “Io, Camilla, Marco e Alberto andiamo a farci un giro oggi pomeriggio. Vuoi venire anche tu?”
“Certo.” risposi, “Mi farebbe molto piacere.”
“Bene.” sorrise Camilla, “Torniamo in classe ora, così mangiamo il panettone insieme.”
Vidi un ragazzo accasciato a terra vicino al bagno. Aveva gli occhiali da sole.
“Settimo.” mi disse, “Non avvicinarti.”
Rimasi immobile. Volevo muovermi, ma ero paralizzato.
“La meritocrazia scolastica è morta. L’abbiamo uccisa noi studenti.” disse con voce rauca, “Vogliamo il massimo risultato con il minimo sforzo, essere i migliori senza impegnarci. La scuola non vuole questo, non l’ha mai voluto. Perché io si?”
Egli scomparve all’improvviso, lasciando a terra l’orologio. Riuscii a muovermi, così andai a prenderlo.
“Le lancette non si muovono più.” dissi a bassa voce, “E le ore di alternanza scuola-lavoro sono scese a 0.”
“Settimo, tutto ok?” mi chiese Marco.
“Ho trovato questo a terra.” dissi mostrando l’orologio.
Marco lo analizzò rapidamente. “Dietro c’è una stella. Forse faceva parte dell’USA.”
“Di che si tratta?” chiesi.
“Nella nostra scuola ci sono state molte sparizioni di studenti.” spiegò, “Si sono create due gruppi, USA e URSS, rispettivamente Unione Studenti Anarchici e Unione Ritrovatori di Studenti Scomparsi. I primi vogliono modificare il sistema scolastico e abolire il sistema di voti, mentre il secondo cerca di mobilitare il maggior numero di risorse umane possibili per ritrovare gli studenti scomparsi negli ultimi mesi.”
“E la scuola sa chi partecipa a questi gruppi?”
“Ancora no.” disse Pi comparendo all’improvviso davanti a me, “Ma ogni re scenderà dal suo trono, te lo assicuro.”

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