“Un cappuccino per me e una cioccolata calda per lei.” dissi alla cameriera. Elisa sorrise.
Eravamo in un singolare bar del centro, nel quale si potevano comprare e leggere libri seduti comodamente su dei divani.
“Non ero mai venuta in questo posto.” disse Elisa guardandosi intorno, “Di solito leggo da sola in casa, e dopo un po’ mi annoio. Ho bisogno della compagnia di qualcuno per mantenere alta l’attenzione.”
“Conosci qualcuno che potrebbe leggere con te qualche libro?” chiesi.
“Certo.” sorrise lei, “Tu.”
“Io?”
“Sì.” disse Elisa, “E potremmo anche studiare insieme, come mi avevi detto al laboratorio.”
Già. Gliel’avevo proposto io, dopotutto.
“D’accordo.” dissi, “Potresti ricordarmi come ci siamo conosciuti, prima di iniziare a leggere?”
La cameriera venne verso di noi e posò delicatamente su un tavolino un vassoio con le nostre ordinazioni. Era giovane, e questo mi fece venire un’idea.
“Ci siamo conosciuti l’anno scorso.” raccontò Elisa, “Eravamo andati alla pizzata della scuola. La mia timidezza mi ha costretta a stare in disparte, da sola. Vedevo gli altri divertirsi, ma non riuscivo ad andare vicino a qualcuno. Così sei arrivato tu.”
Presi il mio cappuccino e iniziai a sorseggiarlo piano, assaporandolo lentamente.
“Eri venuto da me perché cercavi qualcuno con cui parlare. All’inizio ti rispondevo con dei monosillabi perché ero imbarazzata, ma sei riuscito a farmi parlare e rendere molto più piacevole quella serata.”
“Non avevo nessuno con cui parlare?” chiesi.
“Tu mi avevi detto questo alla pizzata.” disse, “Secondo me era una scusa, credo che tu stessi cercando una persona diversa.”
“In che senso?”
Elisa bevve un sorso della sua cioccolata calda, poi rispose: “A scuola siamo quasi tutti uguali. Coppiette, single depressi, casinisti e persone che vengono a scuola senza interesse. Sono pochi i ragazzi che credono nella scuola, studiano e cercano di eccellere in qualcosa. Forse stavi cercando una persona così, e l’hai vista in me.”
Forse era questo il motivo per cui ero rimasto anonimo nella mia classe, anche se alcuni miei compagni erano molto studiosi. Li conoscevo solo superficialmente, pensai, e non potevo sapere com’erano realmente.
“Penso che tu abbia ragione.” annuii.
“Io ti cercavo spesso.” disse, “Non avevo molti amici, ma non era importante. Erano amici veri, persone con cui trascorrevo volentieri i miei pomeriggi.”
La guardai in viso. Sorrideva, ma parlava a fatica, come se stesse cercando di scacciare un ricordo spiacevole.
“Passavi la maggior parte del tempo a studiare. Talvolta ti chiudevi in casa per giorni e uscivi solo per andare a scuola.” disse Elisa spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, “Il tuo studio veniva sempre premiato con voti alti. Io viaggio con la media del 7 e studio quanto basta per essere sufficiente. Solo quando studiavi con me riuscivo a prendere 9.”
“Mi fa piacere saperlo.” ammisi.
“Io non riesco a fare nulla da sola.” disse abbassando lo sguardo, “Dopo un po’ perdo la concentrazione.”
“Forse lavori meglio in gruppo.”
“Sì, ma al Tecnico facciamo pochi lavori di gruppo.” disse, “E nelle verifiche sbaglio sempre le ultime domande. Una volta mi sono dimenticata di controllare che il foglio della verifica fosse fronte e retro, e ho completato solo la prima facciata.”
Sorrisi, e anche lei trovò buffo ciò che stava dicendo. In quel momento mi girai verso la finestra e vidi un ragazzo e una ragazza che camminavano mano nella mano. La ragazza mi guardò per un secondo e sorrise, poi baciò il ragazzo.
“Tutto bene, Settimo?” balbettò Elisa preoccupata.
Quel bacio mi diede fastidio. Non capii il motivo, come non capivo la preoccupazione di Elisa. “Sì.” risposi.
“Li conosci?” chiese, riferendosi ai due ragazzi.
“No.” risposi scuotendo il capo, “O almeno, non ricordo.”
“Io si, purtroppo.” disse, “Erano miei amici, una volta. Poi all’improvviso hanno smesso di parlarmi. Non so perché.”
Istintivamente le accarezzai il viso. Lei sorrise, poi bevve l’ultimo sorso di cioccolata calda.
“Allora.” dissi, “Quale libro leggiamo?”
Accompagnai Elisa a casa sua. “Leggi molto bene, Settimo.” mi disse, “Hai una bella voce.”
“E tu sai scegliere molto bene i libri da leggere.” dissi un po’ imbarazzato.
“Domani potremmo leggerlo ancora.” disse con un piccolo sorriso, “Ti va?”
“Sì.” annuii.
“Allora ci vediamo domani.” disse, poi mi diede un abbraccio, “Non andartene più, mi raccomando.”
Cosa voleva dire? Certo, voleva dirmi qualcosa, ma non la capii. Non le chiesi chiarimenti e la guardai entrare in casa e chiudere lentamente la porta, come se non volesse davvero farlo.
Marzio mi chiamò proprio in quel momento.
“Dimmi.” dissi verso l’orologio.
“Ciao, domani potresti intervistare un ragazzo della 4B? Hanno fatto un progetto molto interessante e vorrebbero farsi un po’ di pubblicità con il giornale.”
“Certo.” dissi, “Di che progetto si tratta?”
“La sua classe non mi ha detto granché.” disse, “Alcuni non ne sapevano niente, altri parlavano vagamente di una certa ‘Impresa in Azione’.”
“Per me non c’è problema.” dissi, “Ti devo chiedere una cosa.”
“Certo, dimmi pure.”
“Chi era Elisa per me, prima di perdere la memoria?”
Marzio rimase qualche secondo in silenzio, poi disse: “Eravate grandi amici. Perché?”
“Secondo me le piaccio.”
“Può darsi.” disse, “E quindi?”
“Non so come comportarmi.”
“Non giungere a conclusioni affrettate.” disse, “Lei è sempre stata molto affettuosa con te, forse ti sembra strano che una persona si comporti così con te quando tu sai a malapena il suo nome. Ma è normale, per lei tu non sei cambiato. È difficile rendersi conto che il tuo migliore amico non ricordi nulla.”
“Hai ragione.” dissi, “Ma se dovessi piacerle, cosa dovrei fare?”
“Chiedilo a te stesso, non a me.” disse, “Pensa a come stai con lei. Non devi cambiare il tuo comportamento per una supposizione, soprattutto in negativo.”
“In che senso?”
“Io conosco un po’ tutti nella scuola.” disse, “Ad una ragazza di terza piaceva un ragazzo di quinta. Un giorno una ragazza di quarta racconta tutto al ragazzo, e lui decide di non frequentare più la ragazza di terza. Quest’ultima ci rimane malissimo, soprattutto perché non aveva fatto nulla per essere ignorata da quel ragazzo.”
“La ragazza di quarta avrebbe potuto mentire.” dissi, “La ragazza di terza poteva anche non avere nessuna attrazione per l’altro.”
“Vedo che hai capito cosa intendo dire.” disse Marzio, “Ma lei ti piace?”
“Beh, sto bene con lei.” dissi, “Ma sono confuso, non capisco bene la mia situazione.”
“È normale, hai perso la memoria.” disse Marzio ridendo, poi tornò serio, “Se vuoi posso darti un consiglio.”
“È ciò di cui ho bisogno.” ammisi.
“Non fare il primo passo.” disse, “Se lei ti dirà che le piaci, dalle una possibilità. Ma sii sincero con lei, spiegale la tua situazione. Sono sicuro che ti capirà. E poi, Settimo, hai diciotto anni, vivi più alla leggera. Anche io ero come te, mi facevo problemi per ogni cosa, ma con Elena ho capito che mi facevo congetture inutili.”
“Hai ragione.” ammisi.
“Non prendere tutto quello che dico come giusto, Settimo.” continuò, “Anzi, voglio essere in errore. Desidero che le persone mi dicano che sbaglio per poi darmi la loro opinione. È così che imparo.”
Annuii, dimenticando che non poteva vedermi dall’orologio.
“Domani ci vediamo a scuola alle 13 per l’intervista.” disse, “Non durerà molto, avrai tempo per studiare dopo.”
“Certo.” dissi, “A domani, Marzio.”
“Come ho fatto a dimenticarlo?” si chiese Marzio ad alta voce, “Ho ritrovato un orologio in centro. Era di Luca, lo conosci?”