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“Ti piace dormire, eh?”
“Come?” dissi aprendo gli occhi. Ero nella mia classe, e davanti a me c’era il professore di matematica. Era furioso.
“Sei un ragazzo irrispettoso.” gridò il professore, “Alla prossima ti metto una nota sul registro elettronico.”
“Scusi.” balbettai, “Non accadrà più.”
“Sarà meglio.” sbuffò l’insegnante, “Manca un minuto al suono della campanella, per questa volta vi faccio finire prima.”
Mi girai. C’erano tutti in classe, senza uniformi o occhiali neri. Mancava solo Pi, ma dopo quello che era successo nell’Astrazione non ero più sicuro di volerlo vedere. Aveva commesso degli errori, anche se era programmato per farli.
“Settimo.” mi chiamò Camilla, “Hai visto? I nostri compagni sono tornati.”
“Già.” sorrisi, “Sembra che il problema degli studenti scomparsi si sia risolto.”
“Tutti i problemi si stanno risolvendo.” annuì Camilla, “Mia mamma ha smesso di frequentare il suo ex e ha confessato tutto a mio padre. Pensavo che si sarebbero lasciati, invece lui l’ha perdonata. Quiete dopo la tempesta.”
“Ne sono felice.”
La ragazza mi strinse forte tra le sue braccia. “Grazie, Settimo. Tu e la prof di inglese siete stati fondamentali per me. Avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse senza giudicarmi.” disse piangendo, “Ti voglio bene, amico mio.”
In quel momento sentii vive in me le parole di Alan, capii cosa voleva comunicarmi nell’introduzione del suo libro. La guardai negli occhi e sorrisi. “Ti voglio bene.”
“Come sarebbe a dire?” gridò Celeste.
Ci voltammo. La ragazza stava parlando con Fabrizio.
“Hai sentito bene. Ora sto con Roberta.” disse il ragazzo incrociando le braccia.
“Stai con quella secchiona? Ma sei serio?” miagolò Celeste.
“Durante la tua assenza ho capito cosa voglio.” disse Fabrizio con voce ferma, “Sentirmi libero, conoscere il mondo e vederlo con un occhio critico. Roberta mi permette di raggiungere i miei obiettivi, tu mi hai sempre vincolato.”
“Parli come quello sfigato di Alberto.” sbottò Camilla, “Fai quello che vuoi della tua vita, dopotutto non mi piacevi neanche.”
Fabrizio sorrise e venne verso di me. “Settimo, sono certo che sei stato tu a far tornare gli studenti.”
“Beh, non da solo.” dissi guardando fuori dalla classe. Marzio mi stava aspettando. “Gli studenti non dovrebbero mai dividersi. Insieme siamo un unico corpo chiamato Presente.”
“Sei un poeta.” disse Marco sorridendo, “Forse qualcuno ti sta aspettando.”
“Già.” dissi congedandomi, “A dopo, ragazzi.”
Marzio indossava il solito cappello bianco. “Andiamo.” disse.
Nei corridoi c’erano tantissimi studenti. Le parole si intrecciavano e provocavano un frastuono assordante. Ma era un bene, pensai. Finalmente tutto era tornato alla normalità.
Una ragazza mi chiamò. Era Anna, in compagnia di Luca. Aveva il viso consumato dalle lacrime. Mi ringraziò per quello che avevo fatto.
“Ho pubblicato un articolo per spiegare cos’è successo nell’Astrazione.” disse Marzio, “L’hanno letto tutti.”
“Sono contento per te.” dissi, poi gli consegnai il suo orologio. “Questo è tuo.”
“Grazie” disse mettendo l’orologio al polso, “Senti, mi dispiace. Avrei dovuto dirti tutta la verità subito. Un amico non si sarebbe dovuto comportare così.”
“Non ti preoccupare.” dissi, “Sai altro sul mio passato?”
Il ragazzo rimase per qualche istante a pensare, poi scosse la testa. “Dopo dovrò affrontare Elena. Povera, si sarà preoccupata un sacco per la mia scomparsa.”
“Buona fortuna.” dissi dandogli una pacca sulla spalla, “Ne avrai bisogno.”
“Credo che tu abbia ragione.” disse ridendo, “Soprattutto per la faccenda di Eris. Dovevo fingermi interessato a lei per raggiungere Davide.”
“Eris raccoglieva consensi per Davide.”
“Esatto.” annuì, “Usava il suo orologio per collegare quello degli altri ad una rete. Doveva stare molto vicina ad un ragazzo per fare ciò, così univa l’utile al dilettevole.”
“E Davide avrebbe fatto un attacco informatico per impossessarsi dell’Astrazione.”
“Ha collegato gli Artigli del Consenso con la rete, così da trasformarli in una banale periferica per controllare l’Astrazione.” spiegò Marzio.
“Ma tutto è andato per il meglio.” disse una voce. Era Ettore.
“Vi vedo in gran forma oggi.” disse Alan avvicinandosi.
“Che hai combinato stavolta, Alan? Ti vedo più sorridente del solito.” disse Ettore incrociando le braccia.
“Ho chiuso l’Orologeria 2.0.” spiegò soddisfatto, “Nessuno dovrà più pagare per scaricare i software gratuiti che ho programmato.”
“Ottimo.” disse Marzio con un cenno del capo.
“Mattia. Anzi, Settimo.” disse Ettore, “L’ONU sarebbe onorata di averti come settimo componente, una volta passato l’esame di maturità.”
“Lieto di ciò.” annuii, “Ma voi non siete in cinque?”
“Già.” disse Ettore schiarendosi la voce, “Ma il sesto sarà Marzio.”
“Sul serio?” disse il direttore, “Non vedo l’ora!”
“Ora tornate nelle vostre classi, la campanella sta per suonare.” disse Alan.
Salutai i ragazzi e attraversai i lunghi corridoi della scuola. Bianca camminò al mio fianco.
Osservammo gli studenti che mangiavano fuori dal bar, i bidelli che correvano da una stanza all’altra, e infine Eris. Era una bella ragazza, pensai, aveva un bel fisico. Ma preferivo il contenuto al suo imballaggio, e lei aveva aiutato Davide nel suo piano. Perché?
“Sai, ragazzo.” mi disse Bianca staccando un post-it dalla giacca, “Questa scuola vivrà un periodo d’oro, da adesso in avanti. Quando studiavo tra queste mura il clima era diverso. L’ascolto era quasi assente, e chi lavorava in questa scuola non sapeva fare il proprio mestiere. Eccetto la prof di inglese, naturalmente.”
Prese fiato, poi concluse: “Non dare mai nulla per scontato, non essere mai indifferente. Resta vivo.”

Elisa non si presentò all’appuntamento, né a quelli successivi. Non rispondeva alle chiamate e ai messaggi. Sua madre mi aveva detto che era molto impegnata con la scuola, non la vedeva neanche lei.
Eppure l’Astrazione era chiusa, pensai. Non poteva trovarsi lì. Ma dove poteva essere?
Chiesi a tante persone, ma nessuno riuscì a darmi una risposta. Era scomparsa.
Passai gli ultimi mesi con i miei compagni di classe. Non volevo che la mia vita si fermasse per la scomparsa di Elisa. Tuttavia, ogni pomeriggio mi recavo al bar letterario e leggevo ad alta voce un libro, come se lei potesse ascoltarmi. Ordinavo anche una cioccolata calda in più. Erano piccoli gesti folli, necessari a mantenerla viva nel mio cuore.
Per mesi lessi tre romanzi, chiacchierai e studiai in presenza della sua assenza. Le raccontavo dell’esperienza nell’Astrazione, le mostravo gli Artigli del Consenso e la ascoltavo. Ascoltavo il silenzio per ore, interrompendolo con qualche lacrima.
Non mi vergognavo a piangere in pubblico, anche se ero ormai maggiorenne e da molti visto come un uomo. Anzi, proprio per questo non provavo vergogna.
“Il pianto è la massima espressione dell’uomo.” dissi una volta a Elena, quando lei e Marzio vennero con me in quel bar del centro, “È l’eccesso delle emozioni. Quando esse non possono più essere contenute, fuoriescono dagli occhi e si manifestano come lacrime. È sintomo del nostro essere vivi.”
Elena e Marzio mi dedicarono molto tempo. Stavano ancora insieme, più legati di prima. Ero felice per loro.
“Ora dobbiamo concentrarci per la maturità, Settimo.” mi disse Marzio l’ultimo giorno di scuola, “Sono un po’ teso per matematica, ma sono certo che andrà bene a entrambi.”
Guardai il mio orologio. Segnava l’ora e il giorno. Aveva uno zero al posto del 200 di nove mesi prima. L’alternanza scuola-lavoro era stata un’esperienza molto positiva per me, anche se tanti la vedevano in maniera diversa. Avevo stretto nuove amicizie e provato in prima persona attività che, forse, non avrei mai fatto se non per finire le ore.
Eppure, pensai, non era ancora finita.

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