“Aula Informatica”, un nome che non mi diceva assolutamente niente. Cercai di ricordare qualcosa che avesse qualche collegamento con quella stanza, ma senza successo. Tutti gli sforzi erano risultati vani, ma avevo già qualche informazione utile: mi chiamavo Settimo, studiavo in un liceo scientifico e dovevo fare duecento ore di alternanza scuola-lavoro. Non era una prospettiva piacevole, sapevo solo cosa dovevo fare e a malapena conoscevo il mio nome, ma con il tempo avrei capito chi ero.
Mi trovavo in quell’aula per la presentazione di una serie di attività che si sarebbero tenute in un laboratorio. Studiavo in un liceo scientifico e avevo l’opportunità di mettere in pratica le mie conoscenze in un vero ambiente di lavoro, per questo decisi di partecipare. Magari sarei riuscito a capire meglio perché ero lì, in quella scuola, e se ricordavo ancora ciò che mi era stato insegnato in quegli ultimi anni.
“Buongiorno ragazzi.” disse una giovane signora, “Io sono una ricercatrice del laboratorio nel quale passeremo tante ore insieme. Sono molto contenta che siate così tanti, e sono sicura che siate tutti molto motivati.”
La sua energia era coinvolgente, tanto da smuovere il mio compagno di classe Giovanni, anche lui interessato all’attività ma solo per togliersi 36 ore di alternanza scuola-lavoro.
“Passeremo insieme quattro giorni in laboratorio ad effettuare colture batteriche e di campioni vegetali. Impareremo a fare osservazioni con più tipi di microscopi e vedremo come estrarre il DNA da una porzione di suolo.” disse con un grande sorriso, “Respirerete il clima del ricercatore, vivrete come e con loro. Ma bisogna prestare molta attenzione ad usare in maniera adeguata la strumentazione del laboratorio. In queste quattro ore di presentazione vedremo come comportarsi nell’ambiente di lavoro.”
Giovanni fece un piccolo sbadiglio. “Le piace il suo lavoro.” mi disse sottovoce.
“Spero che sia piacevole anche per noi.” bisbigliai.
“Già, non mi va di buttare via quattro giorni della mia vita a fare queste stupide ore di alternanza.”
La ricercatrice stava spiegando l’importanza dell’uso dei guanti nei vari esperimenti che avremmo fatto in laboratorio.
“Perché definisci stupide le ore di alternanza scuola-lavoro?” gli chiesi sottovoce.
“Perché non servono a niente. Stiamo solo perdendo tempo utile allo studio.”
“Dipende da come sfruttiamo questa opportunità.” dissi.
“Abbiamo due modi di pensare diversi, e nessuno dei due è sbagliato.” disse scuotendo il capo.
“Tu.” disse la ricercatrice guardandomi, “Devo far reagire l’acqua con un acido. Devo prendere l’acido e aggiungere l’acqua o il contrario?”
“Bisogna aggiungere l’acido all’acqua.” risposi senza intonazione.
“Come ti chiami?” mi chiese.
“Settimo.” dissi senza troppa convinzione.
“Settimo.” ripeté lei, “Quello che dici è giusto, infatti noi ricercatori diciamo spesso che non bisogna dare da bere all’acido. Ricordatevi questa frase, è molto pericoloso aggiungere l’acqua in un acido.”
Annuii, e con me altri quattordici studenti. Ma non riuscivo a capire da dove arrivasse quell’informazione. Ero già stato in un laboratorio? L’avevo letto su un libro? Non riuscivo a ricordare.
Le ore del corso passarono rapidamente. Quando suonò la campanella uscimmo pigramente dall’aula salutando la ricercatrice. Ero impaziente di iniziare le attività, per fortuna mancavano solo tre giorni al loro inizio.
Camminando per il corridoio incontrai un ragazzo con un cappello bianco. Egli mi guardò e sorrise, senza fermarsi. Feci un lieve cenno con il capo e lui imitò il mio gesto, poi si voltò e rallentò il passo. Entrai dentro l’aula più vicina e socchiusi la porta, permettendomi di osservare il ragazzo senza essere notato.
“Buongiorno, signora preside.” disse con un piccolo inchino, “Mi stava cercando?”
“Il nostro giornalista!” disse la dirigente sorridendo, “Volevo parlarti di quello che sta succedendo in questi giorni nei corridoi della scuola.”
“Si riferisce alla comparsa di tutti questi ragazzi con gli occhiali da sole?” chiese il ragazzo.
“Esatto.” annuì, “Non sappiamo chi siano, né cosa vogliano fare nell’Istituto. Non credo che siano studenti, ma nessuno li ha mai visti entrare nella scuola.”
“Che abbia qualche collegamento con la sparizione degli studenti?” disse il ragazzo aggiustandosi il cappello.
“Non lo so.” ammise la preside, “Ti chiedo di indagare su questo mistero.”
“Sarò lieto di aiutarla.” disse il ragazzo con un sorriso, “L’Ingegnere ha detto qualcosa?”
“Sì, ma è come se fosse stato zitto.” disse scuotendo la testa, “È una persona geniale, ma le sue parole sono difficili da interpretare. In ogni caso, ha migliorato il software degli orologi per evitare che ci siano manomissioni nel conteggio delle ore di scuola-lavoro.”
“Scelta saggia.” commentò il ragazzo.
“Mi raccomando, non si deve sapere nulla finché non avremo abbastanza informazioni.” lo avvertì la dirigente, “Ma so di potermi fidare di te.”
“Avrò bisogno dell’aiuto dell’Ingegnere.”
“Certo, ti sarà dato.” annuì la preside, “Ci aggiorniamo via mail.”
“Certamente. Arrivederci e buona giornata.”
I due sorrisero e si congedarono. Il ragazzo venne verso la porta della mia aula, quindi mi nascosi dietro una parete. Aspettai qualche secondo e sbirciai dalle fessure della porta. Il corridoio era vuoto. Uscii lentamente.
“Prevedibile.” udii alle mie spalle, “Nascondersi dietro la porta per vedere cosa succede nel corridoio. Non me l’aspettavo da te, Settimo.”
Mi voltai di scatto e vidi il ragazzo con il cappello bianco che mi fissava dritto negli occhi con un’espressione seria.
“Chi sei?” chiesi sorpreso.
“Non ti ricordi di me?” mi chiese senza mostrare stupore.
“Non ricordo nulla da qualche giorno.” dissi sistemandomi nervosamente i capelli.
“Sono Marzio, direttore del giornale d’Istituto. Ci siamo conosciuti un anno fa alla cogestione, abbiamo collaborato insieme per una attività.” disse, “Ricordi?”
Si. Il mio primo ricordo.
“Tu avevi bisogno di qualcuno che sistemasse l’Aula Magna, e sono stato l’unico ad aiutarti.” dissi sorridendo.
“E ora avrò bisogno di te per indagare su questa faccenda.” disse Marzio incrociando le braccia al petto, “Hai sentito la conversazione tra me e la preside, non puoi negarlo.”
“Non ti nego il mio aiuto.” dissi, “Cosa devo fare?”
“Osserva i movimenti dei ragazzi con gli occhiali da sole, sia fuori che dentro la scuola.” mi disse con tono confidenziale, “Quando scopri qualcosa di utile, mandami un messaggio con l’orologio.”
Lo guardai sorpreso. Un orologio che mandava messaggi?
“L’orologio è stato progettato dall’Ingegnere per migliorare l’offerta formativa dell’Istituto.” spiegò Marzio, “Puoi controllare quante ore di scuola-lavoro devi ancora fare, inviare messaggi, registrare audio e tante altre cose, tra cui sapere l’ora esatta.”
Annuii, anche se mi sembrava incredibile. Non pensavo che la scuola fosse capace di essere così al passo con i tempi.
“Ti conosco, sei un ragazzo sveglio. La tua memoria tornerà presto.” disse Marzio senza scomporsi, “Spero.”
“Come ho fatto a perdere la memoria?” chiesi.
“Non lo so, ma indagherò per te.” mi disse scuotendo il capo, “Hai provato a chiedere all’Ingegnere?”
“Sì, ma non mi ha detto granché.” risposi.
“Strano.”
“In che senso?” chiesi.
“La tua perdita di memoria, la comparsa dei ragazzi con gli occhiali da sole e la sparizione degli studenti.” bisbigliò Marzio, “Potrebbero essere collegati. Ma come?”
Bel risveglio, Settimo. Mi trovavo in una situazione piuttosto bizzarra, pensai. E dovevo risolverla.
“Andiamo con ordine.” disse, “Dopo la settimana in laboratorio indagherai qua a scuola e mi riferirai ogni dettaglio utile.”
“Va bene.” annuii.
“Ok.” disse con cenno del capo, “Buona fortuna, Settimo.”
“A presto, Marzio.” risposi congedandomi.
Eppure avevo una strana sensazione. Mi sentivo osservato.