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Eravamo soli nell’angolo lettura di quel bar del centro. Elisa era seduta al mio fianco. Avvolse la mia schiena con il suo braccio sottile e appoggiò la testa sulla mia spalla.
Iniziai a leggere.

Possiamo idealizzare le relazioni interpersonali come attrazioni tra particelle.
L’amicizia è un legame singolo, doppio, n-esimo tra più particelle. Dona stabilità e sicurezza, soddisfa a pieno la natura dei singoli.
L’amore, quello degli antichi, è leggermente diverso. Le anime, le parti più profonde degli individui, si incastrano perfettamente grazie alle loro caratteristiche opposte. Tuttavia, esse appaiono come un’entità unica grazie alle loro somiglianze, e si inseriscono perfettamente nella società composta dai legami di amicizia.
Il puzzle di relazioni, dunque, dovrebbe apparire completo e armonico. Ciò non accade a causa dell’attrazione dei corpi, oggi chiamata “amore” dai più.
Essa non è altro che aggregazione forzata dai sensi, naturale ed innaturale al contempo. Un corpo si avvicina all’altro e, eseguendo un’orbita perfettamente ellittica, gravita attorno a lui. Il sistema appena formato esercita una singolare forza repulsiva che, pur ammettendo la vicinanza degli altri corpi, nega la presenza delle anime, generando dei vuoti all’interno della rete di relazioni.

L’eccesso è veleno per l’uomo, l’assenza la sua morte. Un legame troppo forte o l’assenza di legami rovinano il macrosistema chiamato “società”. Il giusto mezzo è la chiave per aprire le porte della felicità e del bene comune.

“Questa è solo l’introduzione.” dissi.
“Le sue parole sono sofferte.” sospirò Elisa, “Come se fosse stato obbligato a dirle.”
“Forse non apprezza la realtà che descrive.” ipotizzai.
“Esatto.” annuì.
“Chissà perché Alan ci ha regalato il suo primo libro.” dissi.
“Non saprei.” rispose voltandosi verso di me.
Qualcuno entrò nel locale. Elisa balzò in piedi e cercò di capire chi era entrato.
“Elena?”
“Ragazzi.” singhiozzò, “Marzio è scomparso.”
“Come?” dissi sbigottito.
“L’avete visto? Non può rispondere a nessuna chiamata, non ha più l’orologio con sé.” disse rapidamente Elena.
“Non l’abbiamo visto.” disse Elisa scuotendo la testa, “Siediti e parliamone.”
Elena prese un fazzoletto e si asciugò le lacrime. Prese una sedia e si sedette davanti a noi.
“Finita la festa, io e Marzio siamo andati a casa mia.” raccontò, “Abbiamo dormito insieme, ma al mio risveglio lui non c’era più.”
“Ha lasciato qualcosa di suo?” chiesi.
“Sì.” annuì, “Aveva lasciato sul cuscino il suo orologio.”
“Possiamo vederlo?” chiese Elisa.
Elena appoggiò l’orologio sul tavolo. Sul retro vi era un simbolo, ma non riuscii ad identificarlo.
Toccai un bottone e ascoltai.
“Dov’è il ragazzo che avevo conosciuto due anni fa?” provenne dall’orologio con la voce di Alan.
“È qui, davanti a lei.” rispose la voce di Marzio.
“No, tu hai paura di dire quello che pensi. Ti nascondi, celi ai tuoi amici la verità. Perché? Credi che loro non siano degni di conoscerla?”
“Maestro, non capisco.”
“Quel ragazzo, Settimo.” continuò la voce di Alan, “Gli hai detto chi era?”
Rimasi a bocca aperta. Marzio conosceva altro del mio passato?
Certo, Elisa mi aveva detto molte cose su di me durante i nostri incontri, ma aveva confessato di non avermi conosciuto del tutto a causa del mio carattere introverso.
Forse Marzio era a conoscenza di dettagli a lei oscuri.
“Non tutto. Ci vuole tempo.”
“Ci vuole voglia e amore per il prossimo. Con che occhi lo guardi? Chi è per te quella ragazza che chiami Elena?”
“Ammetto di non aver seguito sempre i tuoi consigli, maestro.”
“Promettimi che dirai loro tutta la verità, anche se farà male.”
Elisa appoggiò i gomiti sul tavolo e fissò l’orologio. Elena smise di piangere.
“Maestro, io…”
“Non hai a cuore la ragazza che dici di amare?”
“Sì.” rispose la voce di Marzio, “E non voglio che soffra.”
“Come puoi credere che la finzione sia superiore alla realtà? Lacera il suo velo con delicatezza, mostrale dolcemente cosa c’è oltre. Usa le parole giuste.”
“Va bene, lo prometto.”
“Non scappare dalla realtà, non chiudere gli occhi di fronte ad essa. Affrontala.”
La registrazione si interruppe. Ci guardammo negli occhi.
“Non capisco.” disse Elena scuotendo il capo, “Di quale verità parlavano?”
“Alan gli ha detto di non scappare, eppure è scomparso.” dissi, “Deduco che la sua sparizione sia avvenuta contro la sua volontà.”
“Già.” annuì Elena, “Però non mi ha parlato della conversazione tra lui e Alan.”
“Forse non era il momento di parlarne per lui.” ipotizzò Elisa.
“Credo che tu abbia ragione.” disse Elena con un sorriso amaro, “Ma dov’è ora? Perché è scomparso?”
“Forse l’ONU potrebbe darci una mano.” dissi, “Da soli non possiamo fare granché.”
La cameriera venne verso di noi con una lettera. La appoggiò sul tavolo. “È per te, Settimo.” disse.
“Una lettera? C’è ancora qualcuno che le scrive?” disse Elisa esaminandola.
“L’ha consegnata un drone, non so di chi sia.” spiegò la cameriera, “Sembra scritta a mano.”
“Curioso.” commentai aprendo la busta, “Vediamo cosa c’è scritto.”
Presi il foglio e iniziai a leggere. L’inchiostro nero componeva elegantemente le misteriose frasi di Alan. Voleva che lo incontrassi il giorno seguente prima dell’inizio delle lezioni. Non specificava il motivo, sembrava più un’imposizione che una richiesta.
“Gli chiederai di Marzio, vero?” disse Elena con voce triste.
“Certo. Dopotutto, è il mio migliore amico.” dissi con un sorriso. Inoltre, ero curioso di sapere la verità su di me. Mi appariva come una necessità, dovevo conoscere. Subito.
“Io vado dai suoi genitori a chiedere sue notizie.” disse Elena alzandosi in piedi, “Grazie mille. Stare con voi mi fa stare meglio.”
“Lo stesso vale per noi.” disse Elisa abbracciandola, “Chiamaci se hai bisogno di aiuto.”
“Siete dei veri amici.” sospirò commossa.
Elena uscì lentamente dal locale. La seguii con lo sguardo. Notai che stava passando una ragazza, la stessa degli altri giorni, da sola. Elena la guardò da lontano con ribrezzo.
“Eccola.” mi disse Elisa, “Quella è Eris.”
“Lei?” chiesi.
“Sì, eravate molto amici. Anzi, era la tua migliore amica.” rispose Elisa.
“La vedo sempre con un ragazzo diverso.” le dissi.
“C’è chi pensa che sia naturale o giusto.” disse facendo spallucce, poi mi accarezzò la guancia, “Ma io la penso diversamente.”
Eris aveva i lunghi capelli e gli occhi neri, indossava una maglietta nera e dei jeans strappati. Si guardava intorno come se cercasse qualcosa. O qualcuno.
“È giusto fare delle esperienze.” dissi, “Ma, come ha scritto Alan, nel giusto mezzo.”
“Sì, sono d’accordo.” annuì Elisa.
“Ci stiamo comportando nel modo giusto?”
“Beh, direi di sì.” disse appoggiandosi alla mia spalla, “Perché?”
“No, niente.” dissi scuotendo la testa, “È come se…”
“Dimmi tutto.”
“Credo di essere cambiato da prima, anche se non ricordo tutto il mio passato. Come se non fossi più Settimo, ma un altro.”
“Non conta chi eri, ma chi sei ora.” disse Elisa avvicinando il mio volto al suo, “E tu mi piaci per quello che sei.”

Alan mi stava aspettando all’ingresso della scuola.
Non c’era nessuno, anche se mancavano solo cinque minuti all’inizio delle lezioni.
“Sei pronto?”
“Pronto a cosa?” chiesi.
“A vedere oltre.”
“Non capisco.” ammisi.
“Non ti preoccupare.” disse prendendomi l’orologio, “Ci vediamo dall’altra parte.”
Caddi.

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