Puntata precedente

“3,14.”
“Come?” chiesi, “Sto forse sognando?”
“Forse.” rispose, “Chi può dirlo?”
Di nuovo quella sensazione. Mi alzai lentamente.
“3,14.” ripeté una voce, “E poi?”
Ero in una stanza piccola con le pareti nere e il pavimento bianco. Vidi davanti a me un ragazzo con un gessetto in mano. Era vestito completamente di nero, ma lo riconobbi grazie al cappello.
“Pi.” dissi, “Dove sono?”
Egli si voltò verso la parete e scrisse.
“Queste tre cifre le conosciamo tutti. Le usiamo per la circonferenza, il cerchio, le onde sinusoidali e tantissime altre cose.” disse Pi, “Quali numeri vengono dopo il 4?”
“15.” risposi.
“Sì.” annuì, “Poi?”
“Le cifre dopo la virgola sono infinite.” dissi scuotendo la testa, “Non posso dirtele tutte.”
“Allora te le mostro.” disse allungando la mano verso la parete, allargò improvvisamente le braccia e vidi comparire sui muri delle cifre bianche. Le cifre del pi greco.
“Eppure le sue cifre, ad un certo punto, finiscono.” disse Pi, “Non è conoscibile quel punto, ma è comunicabile. L’infinito.”
“Mi puoi dire dove siamo?” lo interruppi.
“Non ti interessa questa meravigliosa costante che tutti chiamano ‘pi greco’?” disse Pi scandendo le parole.
“Non offenderti, Pi.” dissi incrociando le braccia, “Ma non sto capendo granché. Mi sento come se stessi ancora dormendo.”
“Molti ragazzi sono così anche a scuola.” gracchiò Pi, “Allora cambiamo discorso.”
“Non puoi semplicemente dirmi dove ci troviamo?” chiesi, ma la mia domanda venne ignorata.
“Hai già sentito parlare di USA e URSS, no?”
“Certo.” risposi, “In storia e non solo.”
“Nella nostra scuola sono nate queste due correnti.” spiegò, “Una desidera eliminare il sistema di voti e abolire l’autorità della direttrice e del vicepreside, con lo scopo di rendere più libero lo studente dai vincoli scolastici.”
“USA.” dissi, “Unione Studenti Anarchici.”
“Esattamente.” annuì, “L’altra invece si limita a cercare gli studenti scomparsi creando collaborazioni tra allievi, docenti e l’Ingegnere. L’URSS, Unione Ritrovatori di Studenti Scomparsi.”
“Dunque?”
“Ebbene, guardati da entrambe.”
“In che senso?” chiesi confuso.
“Nessuna delle due è buona, ma neppure cattiva.” disse, “Sono grigie, come la nostra città. Chi le guida ha delle idee in testa, ma gli altri avranno sempre idee differenti e personali dell’una e dell’altra corrente. Pensiamo di seguire un modello, di riconoscerci in un’ideologia, invece la alteriamo con il nostro essere.”
“Piantala, porca miseria!” gridò qualcuno alle mie spalle.
Pi chiuse gli occhi e alzò lievemente la testa. “Come vuoi, Mattia.”
Mi ritrovai sdraiato sul mio letto. Guardai l’orologio: erano le tre e quattordici.

Quello fu l’ultimo giorno di lavoro in quel bar del centro.
“Spero che ti sia piaciuta questa esperienza.” disse la cameriera sorridendo, “Non ti sei sentito sfruttato, vero?”
“No, perché?”
“Molti ragazzi della tua età paragonano l’alternanza allo sfruttamento.” spiegò, “Sono felice che non sia così per te.”
“L’alternanza scuola-lavoro è un’ottima risorsa per capire cosa fare nel nostro futuro.” dissi, “Noi studenti dobbiamo sperimentare i lavori che più ci interessano, così capiremo davvero se ci piacciono o dobbiamo continuare a cercare la nostra via.”
“Mi piace il tuo modo di ragionare.” annuì la cameriera, “Il titolare mi ha detto che, se non trovi di meglio, potrai venire qui a lavorare dopo aver passato l’esame di maturità.”
Sorrisi. “Grazie.”
La cameriera fece un piccolo inchino e si congedò. Mi sedetti su un divano e aspettai Elisa.
“Ti annoi?” mi chiese una voce familiare.
“No.” risposi, “Mi sto riposando.”
Marzio si sedette davanti a me, su un altro divano. “Elena ed Elisa arriveranno tra un po’. Mi faresti vedere l’orologio?”
“Il mio?” chiesi.
“No, quello del ragazzo scomparso l’ultimo giorno di scuola.” disse, “So che lo porti sempre con te.”
Glielo porsi. “Come fai a saperlo?”
“Me l’ha detto Pi.” rispose esaminando l’orologio, “È nella tua stessa classe, dico bene?”
“Così dice.” feci spallucce.
Marzio accarezzò il quadrante rovinato. “USA.” pronunciò, “Sentiamo cos’ha da raccontarci.”
Egli toccò un bottone dell’orologio. “Che schifo.” udimmo una voce soffocata, “C’è gente che non si vuole schierare, né con noi né con quei falliti dell’URSS. La chiamano apatia politica, ed è ampiamente diffusa nella nostra scuola. Non la sopporto. Perché i ragazzi di oggi non hanno interessi dentro la scuola? Perché accettano tutto senza ragionare? A me non piace il sistema dei voti, lo voglio togliere. La mia conoscenza non può essere tradotta in un numero. Per questo, amore, sto dalla Sua parte. Unisciti anche tu, altrimenti Lui…”
La voce si affievolì. L’orologio si spense.
“La storia si ripete.” disse Marzio con lo sguardo fisso sul quadrante rovinato, “Mi riferisco al 1968. La differenza è che questa rivoluzione dell’USA è minuscola e gli obiettivi sono ridicoli.”
“Quel ragazzo aveva ragione.” dissi, “L’apatia politica è una cosa orribile.”
“Già, ma schierarsi con l’USA non l’ha salvato.” disse Marzio scuotendo il capo.
“Neanche l’URSS è pulita.” disse Elena venendo verso di noi, “Pi ha delle buone idee in testa, ma i ragazzi che si sono schierati con lui non hanno ben compreso il significato di URSS. Pensano che sia un movimento comunista, invece è una coalizione per ritrovare gli studenti scomparsi.”
“Al Tecnico non sta succedendo nulla, per ora.” disse Elisa sedendosi vicino a me, tenendo comunque una piccola distanza, “Ma questo argomento mi incuriosisce.”
“Ti spiego.” disse Marzio schiarendosi la voce, “Due studenti del Liceo hanno notato il fenomeno della sparizione degli studenti, così hanno reagito in due modi differenti. Pi ha deciso di coordinare le ricerche degli scomparsi attraverso il database degli orologi, mentre Davide ha puntato il dito contro i professori, i quali hanno costretto gli studenti ad andare via dalla scuola a causa dei loro voti troppo bassi. Io non faccio parte né dell’USA né dell’URSS, sia chiaro, ma conosco sia Pi che Davide. Uno è intelligente e scaltro, l’altro è Davide.”
“Pi è comunista.” disse Elena, “Per questo ci teneva tanto a trovare un acronimo che rispecchiasse la sua ideologia politica. Davide, invece, voleva solo opporsi a lui. E quest’ultimo ha avuto molto successo, anche se da quando esiste l’USA gli studenti stanno sparendo più rapidamente.”
“E i professori non fanno niente contro Davide e Pi?” chiesi.
“Sono invisibili.” disse Elena, “Sono due geni dell’informatica. Sfruttano il codice degli orologi per fare quello che vogliono. Nessuno sa di preciso cosa stiano davvero facendo, non lasciano tracce.”
“Che storia complicata.” disse Elisa, “Sembra fantascienza.”
“Purtroppo è reale.” dissi.
Elisa mi diede un piccolo abbraccio. “Tu non sparirai, vero?” mi chiese sottovoce.
“No, io non sparirò.” risposi.
Elisa si voltò verso Marzio. I due si guardarono per un istante, senza dirsi una parola. Poi Marzio disse: “Nessun problema.”
“C’è gente a cui da fastidio.” disse Elena, “Infatti anche noi ci diamo un contegno in pubblico. Ma se sei con il tuo ragazzo puoi dimostrargli affetto, non è un reato. Non dimenticarti del mondo intorno a te, però.”
Elisa annuì.
In quel momento vidi passare davanti al bar la ragazza accompagnata da un giovane sempre diverso. Stavolta lui aveva un completo elegante e gli occhiali da sole. I due si fermarono davanti alla porta.
Elisa mi girò verso di lei e si avvicinò timidamente. “Tutto bene?”
Elena abbracciò Marzio. “Sì, tutto bene.” risposi.
Si avvicinò ancora, ed io chiusi gli occhi. Svuotai la mia mente da ogni pensiero.

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